IL CARCERE


 

Il 12 febbraio 1954 Dáša viene condannata con altri imputati a 15 anni di prigione per alto tradimento e spionaggio.

Condividerà il destino comune ad altre detenute cosiddette «politiche» nel carcere di Pardubice.


«Perché fossimo sufficientemente ridicole e i sorveglianti potessero ridere di noi (“Vieni a vedere, compagno, guarda com’è conciata questa!”) ci davano da indossare delle uniformi nelle quali ci trasformavamo in sacchi da mulino, con pantaloni senza bottoni né fibbie che minacciavano di scivolarti giù ad ogni momento. In cenci sgualciti e sporchi viene meno un po’ della coscienza di sé, quando sei davanti alla guardia che gira stirata e impomatata.  






Il carcere diventerà la sua seconda casa e paradossalmente segnerà per lei e per altre l’inizio di un percorso di conoscenza dell’umano, della fede, dell’arte.
 
ALCUNE RIFLESSIONI DAL DIARIO DI PRIGIONIA
 
Sul regime totalitario, dove non parla né di socialismo né di capitalismo, ma va al fondo della pretesa totalitaria che può essere presente nel cuore di ciascuno:
“Siamo state messe di fronte a qualcosa di completamente nuovo: a una cospirazione ponderata e attuata scientificamente contro ciò che distingue l’uomo dagli altri animali. Non era tanto il fatto che ci volessero annientare fisicamente, o che ci schiacciassero il pensiero… Volevano strapparci il cuore, obbligare l’anima a prosternarsi come una schiava per poterla calpestare. Volevano annientare la coscienza dell’io perché non esistesse più„

Sulla dignità – quella che chiama “integrità morale”:

“Non ripetiamo di aver fame o freddo, non ci lamentiamo per il mal di testa, non piangiamo, non borbottiamo. La nostra difesa è la tenerezza e l’attenzione reciproca… Ciascuna ha la propria fede. Soprattutto la fede in Dio, che dà alla vita una dimensione che supera il limite fisico. Non abbiamo più paura di deperire, di ammalarci, di invecchiare, di perderci. Preghiamo regolarmente, è una catena ininterrotta come a Cluny nel medioevo. Impariamo le regole del noviziato dalle suore: ci aiuta a controllare il pensiero, è la compensazione spirituale per le mancanze materiali

Sulle lezioni in carcere
“Quando è di servizio qualcuno che ci lascia in pace, comincia il nostro pomeriggio accademico – Ci incontriamo alle latrine oppure in bagno, ci sediamo sulle casse e sui secchi della marmellata e sui seggiolini che ci siamo costruite, ascoltiamo le lezioni e prendiamo appunti con zelo. Růžena tiene un corso di archeologia ed estetica. Nina ci insegna lingue straniere, Járinka storia, ognuno contribuisce come può. Dimentichiamo il mondo che ci circonda, divoriamo ogni parola, ci sforziamo di ricordare, di capire, come diligentissimi studenti universitari. Discutiamo di teologia, filosofia, arte, di politica, non c’è argomento che non vorremmo studiare. Le latrine sono la nostra arena oratoria, la nostra università, il ritorno alla vita, all’istruzione, alla coscienza che i nostri anni non sono del tutto sprecati